Alla XXXI° edizione della Festacli a Monte Cucco il ricordo di don Tonino Bello
Una piacevole giornata di sole ha atteso i tanti aclisti che hanno partecipato alla 31° edizione della FestAcli a Monte Cucco domenica 9 luglio. Ad aprire la mattinata l’incontro dedicato alla memoria di don Tonino Bello a trenta anni dalla sua morte. Ha aperto con i saluti istituzionali il presidente del circolo Ora et Labora Francesco Pascucci che ha ringraziato i presenti, dato il benvenuto ai relatori e ceduto la parola al moderatore dell’occasione Bruno Chiavari presidente regionale delle Acli dell’Umbria. Il dirigente aclista ha voluto subito sottolineare in apertura quanto questa festa sia ormai divenuta un appuntamento fisso dalla valenza regionale. Tanti arrivano qui dalle varie parti della regione, in questo luogo di montagna che già per le sue caratteristiche invita alla riflessione, alla meditazione, ad azioni che rimandano immediatamente a quella c di cristiane presente nell’acronimo Acli. Chiavari ha ricordato anche l’intuizione di Giovanni Pascucci e Sante Filippetti che idearono la FestAcli e con essa i tanti incontri, tavoli rotonde, convegni che hanno permesso approfondimenti su grandi personaggi del movimento aclista, della politica italiana e del mondo ecclesiastico. Il primo intervento è stato quello di Ernesto Preziosi presidente di Argomenti 2000 ormai habitué della FestAcli. L’ex deputato ha ringraziato dell’invito e ricordato come occasioni come queste permettono, anche grazie alla natura fresca ed incontaminata che contraddistingue il Monte Cucco, di rinfrescare le idee, di leggere la realtà ed i segni dei tempi. Don Tonino Bello ha significato tanto per la storia recente della chiesa italiana ed è necessario riscoprire i suoi valori, il suo messaggio forte, deciso, rivoluzionario per tanti aspetti. Preziosi ricorda la visita a Molfetta negli anni 80, città dove don Tonino Bello guidava la diocesi. Poco prima dell’arrivo nella sede vescovile era rimasto colpito da un manifesto in cui il vescovo dava la disponibilità dei locali dell’episcopio ai senza tetto. Una posizione non propriamente accettabile in gran parte dell’ambiente ecclesiastico e contrastata anche all’interno della stessa diocesi. Un aneddoto che spiega veramente chi era don Tonino. Aveva fatto un gesto semplice, ma in grado di comunicare tanto che faceva un po’ da apripista a quella “chiesa del grembiule” a lui tanto cara. Chiesa di Gesù, serva del mondo che “lava i piedi del mondo”, una chiesa di servizio. Don Tonino non amava orpelli, titoli o simboli è rimasto sempre don, anche dopo la nomina a vescovo ed amava ed invitava a farsi chiamare così. I poveri erano la sua ricchezza ed una chiesa che ha a cuore i poveri non può che essere orientata a Dio. Il potere si sgretola con il servizio, con questo atteggiamento nobile, con il ritorno a valori essenziali, profondi, originali. Proprio quelli che il Concilio Vaticano II° aveva come base, come vero obiettivo. Don Tonino non teorizzava la vicinanza ai poveri, ma gli stava realmente accanto anche materialmente. Monsignor Superbo ci ha ricordato come don Tonino Bello voleva essere un vescovo fatto popolo, elevato alla dignità di popolo ed inoltre un vescovo fatto Vangelo, non solo quindi un annunciatore, ma esso stesso Vangelo. Monsignor Amato invece ha evidenziato come la formazione del vescovo pugliese, il vescovo della pace, sia avvenuta al seminario Onarmo (Opera nazionale assistenza religiosa e morale operai) per la formazione dei cappellani del lavoro di Bologna. Un percorso che lo ha sicuramente segnato anche grazie all’impulso pastorale dato in quel periodo all’Arcidiocesi di Bologna dal card. Giacomo Lercaro. Nella città emiliana ha imparato una teologia molto legata alla sociologia, una conoscenza che gli ha permesso poi di andare nella società sapendola leggere, conoscendone già tante dinamiche. Preziosi ha concluso il suo intervento sottolineando quanto sia importante attingere dalla biografia e dall’esempio di don Tonino Bello per avere una chiave di lettura della chiesa del ‘900, ma anche per quella odierna. Papa Francesco sta riscoprendo alcune figure talvolta divisive e lo stesso ha fatto con don Tonino Bello recandosi a 25 anni dalla sua morte nella sua tomba di Alessano nel Salento, pregando per quel prete e vescovo costruttore di pace. Ha ringraziato sentitamente gli organizzatori don Tonio Dell’Olio per avere l’opportunità di parlare ancora una volta del sacerdote ed amico don Tonino Bello con cui ha avuto modo di collaborare per diversi anni in Puglia. Il presidente della Pro Civitate Christiana di Assisi, secondo relatore della giornata, ha dichiarato di aver vissuto la stagione purtroppo breve, ma intensa e piena di lasciti importanti di don Tonino Bello fin da quando iniziò il suo percorso seminariale a Molfetta. In quel periodo era giovane e questo incontro è stato qualcosa di folgorante, in grado veramente di segnare un percorso di vita e di fede. Essere stato testimone diretto della sua azione instancabile, vedere da vicino il suo modo di operare, di interagire con i fedeli, il suo modo di vivere la fede in profondità, è stato qualcosa di indimenticabile. Don Tonio ricorda di essere stato la seconda persona ascoltata nel processo di beatificazione del vescovo salentino e tanto è stato l’impegno condiviso insieme in numerose attività e percorsi non ultimo quello nella Pax Christi. Davvero pieni di significati i simboli caratteristici del suo mandato da vescovo accettato tra l’altro dopo due rinunce. Don Tonino spiegava che una Diocesi sarebbe stata troppo grande da non permettere di poter conoscere e chiamare per nome, come usava fare in parrocchia, le persone a cui dare l’eucarestia. La croce la fece realizzare da un falegname di Alessano, suo paese natio in provincia di Lecce, luogo poco distante da Santa Maria di Leuca, la zona dove il mare Adriatico e Ionio si fondono come una sorta di abbraccio, di mescolanza che simbolicamente rimanda al concetto di fratellanza fra culture e popolazioni diverse, fra occidente ed oriente. Il pastorale che non serve a colpire in qualche modo il gregge, a dirigerlo in modo autoritario, ma ad indicare i pascoli in una visione larga di orizzonte e di prospettive da dare ai fedeli. L’anello episcopale infine era la fede nuziale della mamma fatta appositamente schiacciare con incisa una semplice croce. A simboleggiare il matrimonio fra il pastore ed il suo popolo. Don Tonino, sottolinea Dell’Olio, è stato veramente un vescovo secondo Concilio. Il titolo dell’incontro in cui viene citato il binomio pace ed ultimi è perfetto per descrivere don Tonino la cui originalità sta nel fatto che questi due concetti si identificano a pieno con la sua azione ed il suo modo di pensare la vita e la fede. La pace non è assenza di guerra, ma essendo opera di giustizia gli ultimi vi appartengono ed è l’unico annuncio. La pace è convivialità delle differenze, non è un vocabolo ma un vocabolario, una sorta di fiume dove arrivano tutti gli affluenti, la pace è doc è made in Cielo. Ricorda don Tonio che ogni volta che aveva un appuntamento con don Bello era solito passare in una cappella dell’episcopio dove c’erano tanti libri diversi, quello era il suo angolo di riflessione, il suo pensatoio. In quell’ambiente don Tonino si sentiva illuminato, guardato dall’alto e leggere e studiare in qual contesto contemplativo era diverso che farlo nel chiuso di un freddo studio, una testimonianza della sua fede profonda, intensa, fortemente trinitaria. Di don Tonino va riscoperta la sua portata profetica, ma anche la sua parresia, quella schiettezza, quel suo parlare senza peli sulla lingua, quell’osare con la parola che talvolta è scomodo e può dar fastidio. Fu richiamato almeno tre volte dalla Santa Sede. Don Tonio racconta in merito l’episodio legato a don Ignazio che scelse di andare in Argentina come missionario. Una decisione che il vescovo don Tonino Bello accettò, ma che i parrocchiani facevano molta fatica a condividere. Nell’omelia di congedo riuscì con saggezza a far capire tale scelta spiegando ai fedeli come don Ignazio altro non era che un piccolo pezzetto di ostia, di eucarestia, che si stacca da quello più grande. Di sicuro la parte più grande non avrà problemi a proseguire, ma soprattutto quella più piccola potrà portare beneficio anche in un luogo tanto lontano e diede proprio un frammento di ostia a don Ignazio con il compito di portarla con sé. Questa azione venne stigmatizzata da un sacerdote locale che denunciò il tutto alla Santa Sede rimarcando il fatto che nessun pezzo di ostia potesse uscire dal territorio della diocesi. In realtà tutto si risolse senza problemi e don Tonino, dimostrando a tutti cosa vuol dire effettivamente la parola perdono, non ebbe il benché minimo senso di rivalsa verso il sacerdote della sua diocesi. Un’altra toccante testimonianza raccontata è relativa agli ultimissimi giorni di vita del prete pugliese. Due giorni prima della morte venne a trovarlo nella sua stanza don Michele un sacerdote anziano che faticava a deambulare. Era commosso, stava piangendo, don Tonino faceva fatica a respirare, ma riuscì a tirare fuori un filo di voce e disse ai presenti, fra cui proprio don Tonio Dell’Olio, di dare una sedia a don Michele visto che stentava a stare in piedi. Pure sul punto di morte aveva dimostrato quanto cuore aveva per gli altri, per gli ultimi, per i più bisognosi. Il presidente della Pro Civitate Christiana ha chiuso il suo toccante intervento da testimone diretto augurandosi che don Tonino Bello non venga celebrato come un santino, ma come un Santo, il nostro compito è quello di proseguire nel solco della sua opera straordinaria con la riflessione, ma soprattutto con l’azione concreta. Al termine dell’ incontro, la giornata al fresco del Monte Cucco, è proseguita con la celebrazione eucaristica officiata da Mons. Luciano Paolucci Bedini vescovo di Gubbio e Città di Castello, dai parroci don Tonio Dell’Olio, don Raniero Menghini, don Emanuel Komla Saga e dal diacono Elvio Frigio presso la chiesetta di Val di Ranco. E’ stata poi la volta del pranzo, delle passeggiate rigeneranti fra gli ombrosi faggi secolari e dell’intrattenimento musicale con il fisarmonicista Claudio Guidarelli. Hanno preso parte alla giornata il sindaco di Sigillo Giampiero Fugnanesi, il maresciallo maggiore Claudio Zeni, il luogotenente della stazione di Fossato di Vico Emanuele Stacchiotti e la vicepresidente provinciale delle Acli di Perugia Marta Ginettelli. Sono pervenuti gli auguri del Sindaco di Fossato di Vico Monia Ferracchiato impossibilitata ad essere presente alla manifestazione.